IL RUOLO CRUCIALE DEI GOVERNATORI REGIONALI NELLA GESTIONE DEI CONFITTI AMBIENTALI. IL CASO MARTUCCI.
Alcune normative vigenti per la tutela ambientale consentono di superare le emergenze; semplificare le procedure; scongiurare diverse infrazioni comunitarie. Procedure più veloci e semplici contro il dissesto idrogeologico, così come anche per le bonifiche e la gestione dei rifiuti.
I Presidenti di Regione subentrano, per i rispettivi territori di competenza, nelle funzioni dei Commissari straordinari delegati alla mitigazione del rischio idrogeologico e nella titolarità delle relative contabilità speciali. Per semplificare e velocizzare le procedure, l'autorizzazione dei progetti rilasciata dal Governatore della Regione sostituisce tutti i visti, i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta ed ogni altro provvedimento necessario all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza del territorio.
Il Governatore della regione, assume così un ruolo cruciale nei conflitti socio-ambientali.
Si profila così l’esigenza, a cui potranno rispondere i Presidenti regionali, quella della doppia integrazione sia orizzontale, tra economia e ambiente, che verticale, tra l’ambito locale ed un’area più vasta, regione, paese, continente, fino alla dimensione Terra/Pianeta.
Ancora una volta, la cosa che colpisce è che la visione macroscopica dei problemi si impone, anche ai non addetti ai lavori, come fenomeni globali che non riescono a superare le barriere convenzionali e i confini geografici.
Il fondamento della pianificazione deve essere la capacità di auto mantenimento della vita. La visione ecosistemica del territorio consiste nel ritrovare e nel garantire l’armonia tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano. Occorre affrontare con le giuste strategie il degrado ambientale, progettando e individuando regole insediative della città e del territorio che risultano di per sé generatrici di nuovi durevoli equilibri ambientali.
Fulcro di questo percorso è la partecipazione degli attori sociali, il coinvolgimento della popolazione e di precise competenze tecniche ed amministrative, il tutto inteso come un forte momento di coesione economica e sociale. Il principio ispiratore è la creazione di un corretto rapporto tra l’uomo e il suo ambiente, tra utente e pianificatore, tra paesaggio naturale e urbano, tra ambiente sociale ed ambiente economico per “cercare un posto dell’uomo nella natura e un posto per la natura nella città dell’uomo”.
I presupposti fondamentali sono l’equità sociale e l’equilibrio ecologico.
Il coinvolgimento dei cittadini nella fase di analisi e di individuazione dei problemi, garantirà la collaborazione degli stessi alla formulazione e alla applicazione delle strategie di azione previste dalla pianificazione. L’auspicata partecipazione dei cittadini è necessaria per far sviluppare una consapevolezza sul futuro dell’intera collettività, e per creare coinvolgimento e collaborazione. In modo tale che essi sviluppino la capacità per una idonea cura dei propri luoghi. Nella nostra cultura la partecipazione da parte dei cittadini agli eventi che coinvolgono la comunità cui appartengono, è spesso declinata ma poco praticata. Quindi, occorre sensibilizzare ed aiutare i cittadini a sentirsi partecipi e parte integrante di questo modello innovativo di pianificazione del territorio. Questo è lasciato spesso alla volontà di comitati di cittadini, di associazioni ambientaliste e di amministrazioni locali che devono gestire emergenze a vario titolo come sta avvenendo in questo momento in relazione alla “discarica Martucci” e che utilizzano la partecipazione come forma di protesta pacifica con scarso supporto ed ascolto da parte degli organi regionali.
L’idea della “città partecipata” consiste nel rendere possibile la discussione e il confronto fra esponenti di categorie normalmente in conflitto. Persone di diversa provenienza sociale, culturale potranno fare concreti progressi insieme, verso decisioni basate su di una conoscenza comune. Spesso è solo attraverso l’esperienza del lavorare insieme su problemi specifici ed immediati che essi incominciano a demolire barriere ideologiche, filosofiche che hanno inibito ed impedito la collaborazione nel passato. I cittadini, i rappresentanti delle categorie sociali ed economiche devono integrarsi con tecnici, pianificatori, amministratori nei processi decisionali di governo e di controllo per giungere alla istituzionalizzazione della partecipazione come elemento integrante della concezione stessa del progetto della città, dei territori e del perseguimento di forme concrete di qualità urbane ed ambientali.
Si supera, così, l’idea di pianificazione come prodotto finale a vantaggio di pianificazione come processo continuo. Il coinvolgimento delle comunità non deve limitarsi a possibilità e modifiche marginali, ma deve avere modo di incidere su scelte sostanziali di sistemi progettuali già definiti. L’influenza della partecipazione del cittadino prevista in fase iniziale, deve risultare determinante sul risultato finale. Perché è comune a tutte le esperienze condotte secondo questi principi il verificarsi di un progressivo aumento di interesse e partecipazione con il procedere del lavoro comune.
Rinunciare a priori a queste forme di confronto da parte del governatore, come sta avvenendo per il Piano di Gestione dei Rifiuti Urbani della Regione Puglia in fase di approvazione, dove amministratori e cittadini stanno chiedendo lo stralcio dal piano del sito di Martucci con messa in sicurezza e bonifica dell’area, significa rinnegare il valore aggiunto rappresentato dalla partecipazione delle comunità.
La città esprime compiutamente “qualità urbana” quando è espressione delle tante personalità, spesso anche contrastanti, che in esse operano e che devono esprimersi con un fine che è anche “etica” cioè tendente ad armonizzare le diverse esigenze particolari di cittadini ed istituzioni con quelle generali.
Riproporre la centralità del rapporto locale-globale con l’urgenza di superare le logiche emergenziali e settoriali a favore di una visione unitaria e integrata che riaffermi il valore strategico della gestione sostenibile dei conflitti socio-ambientali è la sfida vera della pianificazione ambientale e territoriale per una vera transizione ecologica, alla quale è chiamato il Governatore della regione del futuro e se si rinuncia a dialogare con le amministrazioni locali e con le comunità abbiamo perso in partenza.