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LA CITTA' PARTECIPATA

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Il diffuso malessere attualmente avvertibile in ambito urbano è anche frutto delle correnti metodiche di direzione e regolamentazione urbanistica, di gestione dei flussi di materie ed energia.
I Piani Urbanistici Generali sono spesso funzionali a normare i rapporti di convenienza e connivenza tra classe imprenditoriale e potere politico a scapito degli interessi reali della popolazione e della qualità della vita. Risultato di questo erroneo approccio alle politiche di gestione delle città é l’attuale stato di disagio avvertito dai cittadini i quali non ritrovano più le condizioni di condivisione, partecipazione ed identità con i luoghi urbani.
Storicamente la città (la Polis) nasce ed esprime compiutamente “qualità urbana”, quando é espressione delle tante personalità, spesso anche contrastanti, che in essa operano e che devono esprimersi con un fine che è anche “etico”, cioè tendente ad armonizzare le diverse esigenze particolari di cittadini ed istituzioni con quelle generali.
La città non si forma per aggregazioni di costruzioni e sommatoria di individui indifferenti alla vita associata, ma solo quando gli uomini avvertono l’esigenza pratica e si pongono l’obiettivo di determinare ed essere quindi parte di un organismo in cui, superati i limiti del “recinto familiare”, ci si ritrovi a condividere quanto realmente è indispensabile alla vita economica, sociale e spirituale di una popolazione.
Solo quando ciò succede, si pongono i presupposti di una vita civile, e allora gli edifici, le vie, le piazze, il verde trovano modo di assumere forme e funzioni idonee e diventano parti concordanti ed armoniche dell’organismo stesso.
La città, proprio perché “organismo”, è parte di un sistema più complesso, il paesaggio; la città quindi può metodologicamente essere vista nel suo meccanismo di crescita, trasformazione e decadenza con un’impostazione disciplinare innovativa che può trovare nella visione ecosistemica linfa e sostegno.
La visione ecosistemica del territorio nelle moderne Smart City (organizzazione prodotta da una co-evoluzione di lungo periodo fra comunità insediata ed ambiente) può contribuire ad un rinnovamento radicale dell’urbanistica, con l’innesto di concetti e variabili progettuali e gestionali relative a relazioni virtuose tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano.
La città è un sistema ad alto consumo di energia che incide sulla natura per il mantenimento del proprio equilibrio; da ciò nasce l’importanza di preservare “il capitale naturale”, cioè il paesaggio, in maniera da garantire il necessario input di risorse naturali senza incorrere nel grave rischio di una diminuzione della qualità della vita.
E’ necessario conservare un rapporto equilibrato ed armonico tra campagna e città. (La storia dell’ultimo ventennio mostra come la città abbia invaso la campagna in modo del tutto irrazionale).
L’ambiente naturale deve essere preservato all’interno di un circoscritto ambito amministrativo, (città, regione, nazione) per sostenere un adeguato livello di sviluppo della società umana; infatti, esso è un sistema che ha in sé la potenzialità di proteggere il mantenimento della vita, stabilizzare i substrati, controllare i cicli atmosferici e i cicli idrici, moderare i valori estremi della temperatura e di altri fattori fisici e così via (ci si riferisce agli ecosistemi maturi come le antiche foreste, gli oceani che sono più protettivi che produttivi).
Ciò premesso, si deduce che il fondamento della pianificazione deve essere la capacità di auto-mantenimento della vita. La visione ecosistemica del territorio consiste nel ritrovare e nel garantire l’armonia tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano. Occorre affrontare con le giuste strategie il degrado ambientale, progettando e individuando regole insediative della città e del territorio, che risultano di per sé generatrici di nuovi durevoli equilibri ambientali.

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