ATTIVITA' SERVIZIO IGIENE URBANA
Dopo l’esperienza positiva dell’Ecotruck, l’infopoint itinerante che ha avuto l'obiettivo di fornire informazioni e sensibilizzare la cittadinanza sulla raccolta differenziata sul nuovo servizio di igiene urbana che partirà dal 29 novembre e distribuire i nuovi kit per la raccolta differenziata, partiranno una serie di incontri in vari luoghi della città rivolti ai cittadini ed operatori. Momenti di confronto e dibattito, utili a conoscere le novità del nuovo servizio. Gli appuntamenti vedranno protagonisti oltre che l’azienda Navita srl, anche gli amministratori del Comune di Mola di Bari. Un confronto aperto con i cittadini su igiene urbana, problematiche ambientali, territorio e sostenibilità che vedrà impegnati in particolare, il sindaco Giuseppe Colonna, l’assessore all’ambiente Elvira Tarsitano ed il consigliere comunale delegato alla start up di igiene urbana Marco Ungaro.
L’assessore Tarsitano sottolinea l’importanza di questo momento di confronto con i cittadini: le attività umane, per essere sostenibili, devono rispettare il principio del riuso ciclico dei materiali, in parte fidando nei processi naturali per quelle materie così dette biologiche che la natura stessa sa riciclare, in parte fidando su tecniche di recupero per le materie ad alto contenuto tecnologico. Su tutto deve predominare, comunque, una netta riduzione alla fonte della quantità di rifiuti prodotti e dispersi in gran parte nell'ambiente. In altri termini si tratta di orientare il nostro sistema futuro di sviluppo verso un modello dove i rifiuti non recuperabili vengano ridotti al minimo e smaltiti in modo da non interferire nei cicli biologici. Questo modello, detto di "economia ecologica" o meglio di bioeconomia va applicato secondo criteri di integrazione differenziata dei vari prodotti in armonia con le attività del territorio.
IL RUOLO CRUCIALE DEI GOVERNATORI REGIONALI NELLA GESTIONE DEI CONFITTI AMBIENTALI. IL CASO MARTUCCI.
Alcune normative vigenti per la tutela ambientale consentono di superare le emergenze; semplificare le procedure; scongiurare diverse infrazioni comunitarie. Procedure più veloci e semplici contro il dissesto idrogeologico, così come anche per le bonifiche e la gestione dei rifiuti.
I Presidenti di Regione subentrano, per i rispettivi territori di competenza, nelle funzioni dei Commissari straordinari delegati alla mitigazione del rischio idrogeologico e nella titolarità delle relative contabilità speciali. Per semplificare e velocizzare le procedure, l'autorizzazione dei progetti rilasciata dal Governatore della Regione sostituisce tutti i visti, i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta ed ogni altro provvedimento necessario all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza del territorio.
Il Governatore della regione, assume così un ruolo cruciale nei conflitti socio-ambientali.
Si profila così l’esigenza, a cui potranno rispondere i Presidenti regionali, quella della doppia integrazione sia orizzontale, tra economia e ambiente, che verticale, tra l’ambito locale ed un’area più vasta, regione, paese, continente, fino alla dimensione Terra/Pianeta.
Ancora una volta, la cosa che colpisce è che la visione macroscopica dei problemi si impone, anche ai non addetti ai lavori, come fenomeni globali che non riescono a superare le barriere convenzionali e i confini geografici.
Il fondamento della pianificazione deve essere la capacità di auto mantenimento della vita. La visione ecosistemica del territorio consiste nel ritrovare e nel garantire l’armonia tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano. Occorre affrontare con le giuste strategie il degrado ambientale, progettando e individuando regole insediative della città e del territorio che risultano di per sé generatrici di nuovi durevoli equilibri ambientali.
Fulcro di questo percorso è la partecipazione degli attori sociali, il coinvolgimento della popolazione e di precise competenze tecniche ed amministrative, il tutto inteso come un forte momento di coesione economica e sociale. Il principio ispiratore è la creazione di un corretto rapporto tra l’uomo e il suo ambiente, tra utente e pianificatore, tra paesaggio naturale e urbano, tra ambiente sociale ed ambiente economico per “cercare un posto dell’uomo nella natura e un posto per la natura nella città dell’uomo”.
I presupposti fondamentali sono l’equità sociale e l’equilibrio ecologico.
Il coinvolgimento dei cittadini nella fase di analisi e di individuazione dei problemi, garantirà la collaborazione degli stessi alla formulazione e alla applicazione delle strategie di azione previste dalla pianificazione. L’auspicata partecipazione dei cittadini è necessaria per far sviluppare una consapevolezza sul futuro dell’intera collettività, e per creare coinvolgimento e collaborazione. In modo tale che essi sviluppino la capacità per una idonea cura dei propri luoghi. Nella nostra cultura la partecipazione da parte dei cittadini agli eventi che coinvolgono la comunità cui appartengono, è spesso declinata ma poco praticata. Quindi, occorre sensibilizzare ed aiutare i cittadini a sentirsi partecipi e parte integrante di questo modello innovativo di pianificazione del territorio. Questo è lasciato spesso alla volontà di comitati di cittadini, di associazioni ambientaliste e di amministrazioni locali che devono gestire emergenze a vario titolo come sta avvenendo in questo momento in relazione alla “discarica Martucci” e che utilizzano la partecipazione come forma di protesta pacifica con scarso supporto ed ascolto da parte degli organi regionali.
L’idea della “città partecipata” consiste nel rendere possibile la discussione e il confronto fra esponenti di categorie normalmente in conflitto. Persone di diversa provenienza sociale, culturale potranno fare concreti progressi insieme, verso decisioni basate su di una conoscenza comune. Spesso è solo attraverso l’esperienza del lavorare insieme su problemi specifici ed immediati che essi incominciano a demolire barriere ideologiche, filosofiche che hanno inibito ed impedito la collaborazione nel passato. I cittadini, i rappresentanti delle categorie sociali ed economiche devono integrarsi con tecnici, pianificatori, amministratori nei processi decisionali di governo e di controllo per giungere alla istituzionalizzazione della partecipazione come elemento integrante della concezione stessa del progetto della città, dei territori e del perseguimento di forme concrete di qualità urbane ed ambientali.
Si supera, così, l’idea di pianificazione come prodotto finale a vantaggio di pianificazione come processo continuo. Il coinvolgimento delle comunità non deve limitarsi a possibilità e modifiche marginali, ma deve avere modo di incidere su scelte sostanziali di sistemi progettuali già definiti. L’influenza della partecipazione del cittadino prevista in fase iniziale, deve risultare determinante sul risultato finale. Perché è comune a tutte le esperienze condotte secondo questi principi il verificarsi di un progressivo aumento di interesse e partecipazione con il procedere del lavoro comune.
Rinunciare a priori a queste forme di confronto da parte del governatore, come sta avvenendo per il Piano di Gestione dei Rifiuti Urbani della Regione Puglia in fase di approvazione, dove amministratori e cittadini stanno chiedendo lo stralcio dal piano del sito di Martucci con messa in sicurezza e bonifica dell’area, significa rinnegare il valore aggiunto rappresentato dalla partecipazione delle comunità.
La città esprime compiutamente “qualità urbana” quando è espressione delle tante personalità, spesso anche contrastanti, che in esse operano e che devono esprimersi con un fine che è anche “etica” cioè tendente ad armonizzare le diverse esigenze particolari di cittadini ed istituzioni con quelle generali.
Riproporre la centralità del rapporto locale-globale con l’urgenza di superare le logiche emergenziali e settoriali a favore di una visione unitaria e integrata che riaffermi il valore strategico della gestione sostenibile dei conflitti socio-ambientali è la sfida vera della pianificazione ambientale e territoriale per una vera transizione ecologica, alla quale è chiamato il Governatore della regione del futuro e se si rinuncia a dialogare con le amministrazioni locali e con le comunità abbiamo perso in partenza.
UN MONDO ALLA ROVESCIA
Nel corso dei due mandati di governo del centrosinistra alla Regione Puglia l’ambiente e il territorio sono sicuramente stati oggetto di grande attenzione politica e amministrativa. Molti, e anche di rilievo nazionale, sono stati gli obiettivi raggiunti, soprattutto in campo normativo, per la qualità dell’aria e la salute nelle aree a elevato rischio, nonché per un primo parziale potenziamento del sistema dei controlli.
Positivo anche il bilancio sulla pianificazione paesaggistica e di assetto del territorio, meritevole ancora di strumenti applicativi che ne garantiscano l’efficacia.
Su altre problematiche si sarebbe certamente potuto fare di più, come per la difesa del suolo dalla desertificazione e dal consumo, contro gli incendi, sulle politiche di prevenzione, adeguamento e mitigazione dei cambiamenti climatici. Luci e ombre in contrasto sulla questione energetica: da un lato un positivo sviluppo di rinnovabili (fotovoltaico e eolico), ma senza un corrispondente calo dell’uso dei combustibili fossili, senza vantaggi economici ed occupazionali evidenti e con una prevalenza di impianti a terra o comunque a base speculativa, con vere e proprie devastazioni territoriali. Molto c’è ancora da fare per attivare una vera propria transizione ecologia.
Anche sui rifiuti, a fronte del nuovo Piano Regionale dei Rifiuti in corso di discussione per l’approvazione, emergono criticità di efficacia applicativa e una situazione costantemente sul filo dell’emergenza che vede ancora oggi il ricorso alle “discariche”. Questo sistema di gestione dei rifiuti è in netto contrasto con quanto previsto dalla normativa europea in materia di rifiuti che recita: “Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”. Le norme europee prevedono sostanzialmente quattro livelli di gestione: un primo livello: riduzione della produzione dei rifiuti; un secondo livello: riciclo (sotto forma di materia) dei rifiuti che non si possono non produrre; un terzo livello: recupero (sotto forma di energia) esclusivamente di ciò che non può essere riutilizzato e riciclato come materia; infine un quarto livello: quello che resta (solo come quota residuale) è destinato alle discariche, ma esclusivamente come ultima chance. Invece, a Puglia, si inverte l’ordine della piramide dei rifiuti e si parte dal quarto livello, per poi ipotizzare, con questo nuovo piano, un passaggio al terzo livello. Insomma, pare di assistere alla messa in scena dei due atti di goldoniana memoria del mondo alla rovescia. Infatti, a tal proposito, oggetto di dibattito in questi giorni è il deliberato della Giunta regionale per l’utilizzo delle vasche A e B della discarica “Martucci” che vede i sindaci delle città di Conversano, Mola di Bari, i consigli comunali, le commissioni speciali impegnati a contrastarne la riapertura.
La prevenzione, la riduzione dei rifiuti prodotti e della loro pericolosità, è la priorità strategica nella gestione di tutti i tipi di rifiuto. Occorre fare un salto nelle politiche di riduzione della produzione di rifiuti e in quelle della raccolta differenziata domiciliare e del riciclo. Lavorare allo sviluppo di un sistema di impianti finalizzati al recupero di materia attraverso il compostaggio (compreso quello domestico) e la selezione e valorizzazione delle frazioni secche riciclabili (carta, vetro, plastica, alluminio, ecc.). Le città devono essere parte attiva di questo percorso, anche, ad esempio, inserendo negli appalti pubblici il criterio dell’utilizzo del materiale riciclato o utilizzando per il verde pubblico il compost da rifiuti. Lo smaltimento in discarica e la combustione di rifiuti, comunque negative dal punto di vista energetico, dell'impatto ambientale e del consumo di materiali, vanno rese residuali per tutti i tipi di rifiuto. Negli altri paesi lo fanno, perciò è fattibile. Si lavori su questo, piuttosto che su soluzioni come la combustione dei rifiuti che giova solo alle lobby dell’incenerimento. Le attività umane, per essere sostenibili, devono quindi rispettare il principio del riuso ciclico dei materiali, in parte fidando nei processi naturali per quelle materie così dette biologiche che la natura stessa sa riciclare, in parte fidando su tecniche di recupero per le materie ad alto contenuto tecnologico. Su tutto deve predominare, comunque, una netta riduzione alla fonte della quantità di rifiuti prodotti e dispersi in gran parte nell’ambiente. In altri termini si tratta di orientare il nostro sistema futuro di sviluppo verso un modello dove i rifiuti non recuperabili vengano ridotti al minimo e smaltiti in modo da non interferire nei cicli biologici. Questo modello, detto di “economia ecologica” o di “bioeconomia circolare”, va applicato secondo criteri di integrazione differenziata dei vari prodotti in armonia con le attività del territorio, limitando al minimo grossi spostamenti di materia fra diversi territori, rispettandone la capacità portante.
In molte realtà pugliesi, la problematica relativa alla gestione dei rifiuti che sta sconvolgendo la qualità della vita e compromettendo l’igiene pubblica, rende ancora più evidente la necessità di una inversione della tendenza a considerare il rifiuto in genere come un ingombro di cui disfarsi in ogni modo. Questa logica deve lasciare il posto al concetto di riduzione e riciclo, tipico degli equilibri ecologici del territorio, secondo cui i il rifiuto altro non è che una materia prima per un nuovo processo, sia biologico che produttivo secondo la strategia “rifiuti zero”. In questo modo si ripristinano gli equilibri naturali in maniera sostenibile, evitando di incorrere in nuove emergenze, si recuperano preziosi materiali, si sviluppa l’occupazione, si offre possibilità di lavoro e recupero per categorie sociali a rischio di devianza e si migliorano le condizioni igieniche. L’incenerimento dei rifiuti non può essere la soluzione. L’evoluzione verso un piano definitivo di gestione integrata dei rifiuti passa attraverso interventi pubblici accompagnati da un maggior coinvolgimento e partecipazione dei cittadini, associazioni, cooperative e di alcune categorie produttive (piccola industria, artigianato, commercio, agricoltura). Ciò rende utilissimo avviare da subito alcune sperimentazioni sul campo, proprio per poter acquisire una esperienza concreta dei problemi che si dovranno affrontare e risolvere insieme ai cittadini. La partecipazione dei cittadini sviluppa senso civico e responsabilità, cose invece annullate dall’attuale prassi di delega insita nell’abbandono dei rifiuti, sia anche negli appositi cassonetti.
La situazione globale e locale del nostro pianeta esige non solo che si progettino e si realizzino attività ecologiche sostenibili, ma soprattutto che esse siano effettuate con spirito nuovo, nuova consapevolezza, alla luce di una nuova visione della realtà e del mondo la situazione esige un cambio di paradigma. Oggi dobbiamo diventare consapevoli che solo un atteggiamento di integrazione potrà permetterci di perpetuare la vita sulla terra. Dovrà esserci l’epoca dell’armonizzazione cosciente, tra natura ed uomo. Un approccio eco - consapevole nei fatti, non nelle parole, per concretizzare la sostenibilità dello sviluppo. Condizione che vede l'uomo come soggetto economico e sfruttatore ad un’altra in cui l'uomo e’ custode ed usufruttuario del pianeta, che abbiamo ricevuto in prestito dalle future generazioni piuttosto che ereditato da quelle passate. Abbiamo bisogno di una coscienza critica sul ruolo e sulla posizione dell'uomo nell'ecosistema; sulla gravità delle emergenze ecologiche; su come l’umanità dovrà affrontarle; di una progettualità per una eco-cittadinanza attiva: sinergia tra istituzioni/scuole/associazioni per concretizzare la democrazia partecipativa.
L’obiettivo deve essere quello di promuovere la salvaguardia, la valorizzazione e l’ottima allocazione delle risorse territoriali-ambientali e deve essere vietata qualsiasi azione che degradi, deturpi o elimini tali risorse, intese come entità singole o come equilibri complessi. Lo sviluppo economico deve essere compatibile con la capacità di carico degli ecosistemi del pianeta ed armonico con gli obiettivi di una società democratica, giusta, equa e solidale. La tutela dell’identità storica e culturale, la salvaguardia della qualità del sistema paesistico, delle sue componenti ambientali e del suo uso sociale e produttivo, nell’ambito del principio di sviluppo durevole e sostenibile sono risultati perseguibili per uno “approccio eco-consapevole “ auto sostenibile.
UN'ALTRA AGRICOLTURA E' POSSIBILE
Riuscire a coniugare la “tradizione” con la “tecnologia” è una sfida del nostro millennio a vantaggio della qualità e sostenibilità della vita. La gestione integrata del territorio è una modalità di analisi, controllo e programmazione territoriale che sta diventando sempre più un punto di riferimento obbligato per quegli Enti locali, la cui competenza si esplica su larga scala in diversi settori d’intervento. La situazione e l’evoluzione del contesto istituzionale territoriale e delle strutture produttive e di mercato, devono mirare a potenziare le capacità imprenditoriali, con un servizio di assistenza all’azienda, di quegli imprenditori che vedono nello sviluppo di un'attività di produzione e/o commercializzazione di prodotti agroalimentari tradizionali una interessante opportunità per integrare i loro redditi”. Il recupero e la valorizzazione dei nostri prodotti locali, agricoli e artigianali, significa anche offrire lavoro alle persone del nostro territorio, salvaguardare le nostre terre con “persone” (gli agricoltori) quali “tutori” dell’ambiente, evitando degrado e dissesto del territorio. I “prodotti” locali sono il risultato dell’applicazione di saperi e tecniche detenute e tramandate alle risorse di un luogo particolare, in un tempo determinato e in relazione a particolari condizioni ambientali di terra, acqua e clima: sono un “patrimonio” generato in condizioni di minimo impatto ambientale e sociale, in una sostanziale relazione di custodia della terra, densa di valori etici ed estetici, e di rispetto per il paesaggio rurale e la biodiversità. La complessità dei valori di ambiente, tutela della biodiversità, salute, alimentazione, gusto, solidarietà, sostenibilità sottendono al prodotto locale, tipico dei nostri territori. Valorizzare alcuni prodotti di eccellenza, che siano caratterizzati dalla doppia valenza “tipici” e “locali”, deve servire a recuperare anche altri prodotti vegetali o razze di animali meno conosciuti e “nobili”, ma importanti per la conservazione della biodiversità e la possibilità di rendita degli agricoltori. Inoltre, deve servire a promuovere le peculiarità del nostro territorio, così variegato, attraverso forme di turismo durevole. Si tratta di conoscere, riconoscere e apprezzare gli antichi sapori della nostra tradizione agroalimentare, e cercare di salvaguardare i nostri variegati ecosistemi sparsi in tutta la nostra regione. Il prodotto locale è legato a un luogo concreto, alle sue risorse ambientali, ai suoi processi storici, alle sue reti comunitarie e alla gente che lo abita. Mangiar sano è il modo più diretto e completo di rapportarsi al mondo circostante, di esprimere la nostra cultura attraverso la scelta dei cibi e le modalità del consumo. Non possiamo non tener conto che lo stato di salute dell’uomo, il suo equilibrio ed il suo benessere psico-fisico, sono strettamente legati ai rapporti con l’ambiente in cui vive ed alle interazioni con uomini, esseri viventi animali e vegetali, acque, odori e sapori: sarebbe come sradicare l’uomo dalla sua storia naturale, allontanare da lui quelle esperienze ataviche che lo hanno legato alla madre terra e che ne hanno plasmato gusti e scelte, comprese quelle alimentari.